Studiare logica a scuola? per ora è solo un auspicio della riforma

«Potenziamento delle competenze matematico-logiche», si legge tra le novità nel testo: ma senza decreti attuativi questa proposta non vuol dire molto.

di ROBERTO GIUNTINI, SARA PICCOLO E GIUSEPPE SERGIOLI
“La Buona Scuola”, dopo un percorso non poco travagliato è, ormai, legge dello Stato. Al di là delle polemiche, si è registrata la quasi totale assenza di attenzione da parte dell’opinione pubblica su alcune questioni tematiche che probabilmente avrebbero meritato maggior rilievo. Entriamo nel merito di una di queste. Già più volte sulle pagine del Corriere è stata sollevata la problematica a cui numerosi neodiplomati vanno incontro al momento in cui si trovano, per la prima volta nella loro ancora acerba carriera, ad affrontare un test di accesso per i corsi di laurea a numero programmato. E’ in quest’occasione che lo studente s’imbatte, in maniera del tutto impreparata e improvvisa, in una disciplina che risulta alla sua attenzione quasi un po’ alchimistica: la logica.
Materia o non materia?
Mentre la preparazione ai vari test di matematica e fisica richiede un approccio a cui lo studente è già stato ben «allenato» da anni di regolare percorso scolastico, l’incontro inatteso con una disciplina che non ha mai fatto parte, concretamente, dell’offerta formativa curricolare, getta lo stesso studente in uno stato di sgomento e incertezza. «Ma cos’è questa Logica? Perché così tante domande su una materia che non abbiamo mai studiato?» E soprattutto: «Come si risolvono questi strani quesiti, dove sta il trucco?». La conseguenza di tale marasma è una frettolosa corsa contro il tempo, che si risolve non tanto nell’acquisizione da parte degli studenti dei concetti logici di base, fondamentali tanto per la comprensione del testo quanto per un corretto approccio metodologico alle scienze, quanto piuttosto nella frenetica ricerca di una magica chiave di lettura che consenta di perseguire l’unico obiettivo che in un così ristretto frangente di tempo può effettivamente aver senso porsi: il superamento del test.
I test universitari e i ragazzi senza preparazione
L’importanza della logica come elemento fondamentale di selezione per l’accesso alle Università non è certamente un’invenzione tutta italiana, anzi, è forse l’Italia che sta rincorrendo una tendenza già consolidata nel contesto internazionale. Per esempio, il ben noto SAT (Scholastic Assessment Test), è un prova attitudinale somministrata dal College Board statunitense che valuta le capacità di pensiero e ragionamento critico dello studente. In buona parte del Nord degli Stati Uniti e nel Canada, il SAT è solitamente somministrato a studenti degli ultimi due anni del sistema scolastico (corrispondenti per età ai nostri 3º e 4º anno di scuola secondaria di secondo grado) e, in combinazione con la media dei voti scolastici, viene considerato un attendibile indicatore delle possibilità di ammissione e conseguente successo accademico all’interno delle università nordamericane. E’ quindi già il sistema scolastico che tende ad affinare le capacità logico-critiche dello studente, non al solo fine del superamento di una prova di ammissione, ma, molto più generalmente, poiché tali capacità sono ritenute essenziali durante l’intero percorso formativo e lavorativo. Infatti i quesiti di logica costituiscono una presenza massiccia all’interno delle prove di ammissione ai corsi universitari (ma, in realtà, ormai anche all’interno dei test di selezione per l’ammissione ai ruoli della Pubblica Amministrazione) proprio perché il possesso di adeguate capacità logico-deduttive viene ritenuto un requisito indispensabile per portare avanti in maniera critica e costruttiva un qualsiasi percorso, per porsi in maniera propositiva e resiliente di fronte a una situazione problematica e per affrontare in modo razionale una situazione inusuale e inattesa.
Una riga per salvare la logica
Nella legge «La Buona Scuola», sembra finalmente che ci si sia accorti di come questa esigenza richieda quanto meno delle tempistiche opportune a offrirne un’adeguata risposta. Ecco che all’interno dell’Art. 1 (7-b), tra gli obiettivi formativi primari, viene annoverato anche «il potenziamento delle competenze matematico-logiche». Basterà questa riga per rendere la legge uno strumento sufficientemente incisivo? La domanda è retorica, ma non toglie valore al fatto che, per ora, tale riga rappresenti un significativo auspicio che, si spera, i futuri decreti attuativi possano recepire in modo concreto ed efficace, facendo in modo che la logica diventi parte integrante dell’offerta formativa. Molti docenti, al pari degli studenti, si trovano nella condizione di non essersi mai imbattuti nella logica, durante il loro percorso formativo e di non conoscerne i vari ambiti applicativi, che spaziano dall’interpretazione del testo, alla teoria dell’argomentazione, dall’insiemistica all’informatica, tutti ambiti che richiedono quindi un approccio fortemente multidisciplinare.
Fondamentale per modernizzare la scuola
L’auspicio è pertanto che questo sia solo il primo passo verso un progetto che, utilizzando un’espressione cara alla comunità europea, possa essere definito “high risk/high gain”: un percorso, cioè, che si preannuncia senz’altro ricco di insidie e difficoltà attuative, risolvibili solamente prevedendo un impegno programmatico, accurato e duraturo, ma i cui risultati potrebbero sancire un definitivo ammodernamento culturale della nostra Scuola, contribuendo in maniera sensibile a trasformarla finalmente e realmente in una Buona Scuola.
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